Benché se ne parli spesso al TG o sui giornali, non tutti sanno cos’è il cuneo fiscale: questo termine indica la somma delle imposte (dirette, indirette, contributi previdenziali) che impattano sul costo del lavoro, sia dalla parte dei datori di lavoro, sia rispetto ai lavoratori dipendenti, autonomi o liberi professionisti. In sostanza, il cuneo fiscale è la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta ricevuta dal lavoratore.
Al giorno d’oggi il cuneo fiscale italiano è al 48% e continua a risultare un ostacolo insormontabile per lo sviluppo de paese per i seguenti motivi:
- inefficienza di spesa: la quota trattenuta dallo stipendio dei lavoratori viene spesa come vogliono i governanti e non come vogliono i cittadini, che non sono liberi di scegliere i propri servizi.
- lavoro nero: l’elevata tassazione incentiva i datori di lavoro al lavoro nero, portando i “dipendenti” a operare nell’incertezza e nell’assenza di tutele.
- assimetria informativa: il lavoratore non riesce a sapere quanto costa al suo datore di lavoro, poiché riceve lo stipendio al netto delle imposte. Mediamente ogni 100€ che un dipendere riceve, il datore di lavoro deve pagare 192€.
Cosa accadrebbe invece con un cuneo fiscale inferiore?
I lavoratori avrebbero più liquidità, quindi aumenterebbe il consumo e il risparmio favorendo la crescita.
Mentre i datori di lavoro riuscirebbero ad attirare più talenti pagandoli di più e ad assumere più persone spendendo di meno, riducendo così la disoccupazione.