La manifattura italiana tiene nel suo complesso. E recupera meglio di Germania e Francia. Ma la crisi della moda crea problemi al sistema delle micro e piccole imprese.

Lo rileva un’analisi di Confartigianato su dati Istat.

Cosa dicono i dati di Confartigianato sulla crisi della moda?

Nei primi nove mesi del 2020 la produzione manifatturiera italiana a causa del coronavirus ha registrato una flessione del 14,9%. In valore equivale ad una minore produzione per 108,5 miliardi di euro.

La nota lieta è che l’Italia sta recuperando meglio di Germania e Francia. A settembre, infatti, il trend della produzione made in Italy è -5,9%, meglio della media Eurozona (-7,2%), della Germania (-8,7%) e della Francia (-6,4%).

Tutti i settori hanno il segno meno davanti.

Il “migliore” o il meno peggio è l’alimentare con -1,6%. Tra i settori più colpiti ci sono il tessile (-23,2%), l’abbigliamento (-29,8%) e gli autoveicoli (-30,7%). La pelle, categoria che racchiude calzatura, pelletteria e concia, fa -34,4%. Complessivamente la moda perde il 29,9%: gli effetti della crisi del 2020 sono di intensità doppia rispetto a quelli del 2009 (-13,6%).

A subire maggiormente la situazione sono i piccoli, che sono tantissimi.

La stessa Confartigianato evidenzia, infatti, come i circa 2 milioni di addetti delle micro e piccole imprese rappresentino la maggioranza (54%) degli occupati del settore manifatturiero (circa 3.740.000). Dato che pone l’Italia al primo posto tra i 27 paesi UE. Inoltre, nelle imprese artigiane della manifattura lavorano 935.000 addetti, un quarto (25,5%) del totale occupati.

Auspicabilmente, con il progressivo ritorno alla normalità, la crisi della moda avrà fine ma non senza lasciare conseguenze di medio-lungo periodo sull’occupazione nel settore.

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