Se c’è un paese che incarna in pieno i valori e le regole della democrazia medio oriente, questo è Israele.
Un paese costretto a vivere in uno stato di mobilitazione permanente dall’indipendenza del 1948.
Le ultime elezioni in Israele
A testimonianza del fatto che ci troviamo in una democrazia ricordiamo che nell’ultimo periodo sono state indette per tre volte in un anno le elezioni politiche, non essendo stata possibile la formazione di un governo.
Se Israele fosse più simile ai suoi vicini i militari, nel caso di una candidatura in un partito politico, non escluderebbero un golpe, soluzione molto popolare nei regimi arabi. E poi, il numero dei partiti non sarebbe così numeroso da rendere difficile anche un governo di coalizione. Che dire ancora della presenza di una coalizione araba diventata il terzo partito alla Knesset?
Eppure l’accusa a Israele di essere uno Stato dove vige l’apartheid è diffusa in tutto l’Occidente. E le guerre? Per Israele sono state tutte di difesa, non è mai esistito un governo che abbia dichiarato guerra per primo, eppure molte frange del mondo occidentale continuano a schierarsi dalla parte dei nemici di Israele.
La metà dell’elettorato israeliano continua a votare Netanyhau, l’altra metà, pur riconoscendogli tutti i meriti che gli spettano, non riesce a mettere insieme i voti indispensabili per raggiungere il 61%, pronta ad allearsi al Partito arabo, una scelta che – grazie al sistema democratico di Israele – porterebbe a condividere le stanze del potere un raggruppamento politico che potrebbe significare la sconfitta in un prossimo, possibile, attacco terroristico.