Cari lettori è con sommo dispiacere che scriviamo questo articolo in seguito alla notizia della morte di Giovanni Gastel, grandissimo personaggio della storia italiana e internazionale con un’enorme carriera alle spalle come fotografo e come poeta.

Figlio ultimo della famiglia Visconti di Modrone, si approccia presto al mondo dell’arte a causa dell’influenza della madre e degli ambienti di alto profilo che si respirano nella casa con raffigurazioni di stampo classico e neoclassico che condizioneranno fortemente il suo processo creativo, soprattutto nella raffigurazione della donna. Un ruolo importante viene assunto dalla sorella maggiore che gli offre l’occasione concreta di entrare all’età di 12 anni nel mondo teatrale, dove viene a contatto con molti artisti della scena degli anni ‘60.


Più tardi grazie alla sua fidanzata conosce il mondo della fotografia che lo accoglierà a braccia aperte negli anni seguenti. Gastel muove i suoi primi passi come fotografo ritrattista in uno studio ma la svolta della sua carriera avviene nel 1981 quando incontra Carla Ghiglieri, che lo proietta nel mondo della moda. Dopo la pubblicazione della sua prima natura morta sulla rivista italiana Annabella, iniziano le collaborazioni importanti con Vogue, Edimoda, Mondo uomo e donna e successivamente grazie al boom del Made in Italy svilupperà e darà prestigio alle case più prestigiose del panorama nostrano.

Sebbene il successo di Gastel si sviluppi soprattutto attraverso le commissioni del mondo della moda, la sua arte non perde la libertà d’espressione che lo contraddistingue come egli stesso ha dichiarato in numerose interviste rilasciate in seguito. La sua consacrazione artistica si completa quando si interfaccia anche al mondo della poesia, a conferma della sua poliedricità. Nel 1997 inoltre gli viene dedicata una  mostra alla triennale di Milano a cura del critico d’arte Germano Celant.


Quello che ci prefiggiamo di spiegare attraverso questa breve presentazione è il pensiero alla base del suo processo creativo ed in particolare il concetto di eleganza che emerge dai suoi ritratti e che non oggettivizza e non snatura, una nuova visione già sperimentata da quelli che sono stati  i suoi mentori Irving Penn e Avedon.

La sua fotografia raffigura soprattutto donne recanti connotati di bellezza diversi da quelli tipici del periodo degli anni Ottanta: le figure femminili infatti presentano linee contrastanti, forse poco armoniche e con qualche difetto ma che donano grande personalità ai ritratti.


Per concludere vorrei parlare della mostra “maschere e spettri‘ svoltasi al Palazzo della Ragione a Milano nel 2009. Un nuovo risvolto per Gastel nel modo di fotografare ma soprattutto di rappresentare i soggetti che si contrappongono al suo tipico immaginario; una ricerca personale, non legata al mondo delle commissioni della moda, che elabora e santifica il tema del dolore al quale l’artista si prefigge di dare la giusta dignità in una società che, a suo avviso lo tratta superficialmente o addirittura sorpassa e sovrasta questo sentimento, così nobile e alto di cui l’uomo non può essere privato.

Giovanni Gastel photographer

Come anticipato, l’eleganza è la parola chiave per Gastel nella ricerca di se stesso e assume non solo un valore estetico ma anche etico e morale. In un presente approssimativo e orfano di uno stile, l’artista riesce a coglierla restituendole un’immagine incorruttibile ma densa di evocazioni, antica nel suo equilibrio, lontana dal frenetico immaginario contemporaneo, un paradosso che vive perfettamente nei suoi lavori. Il processo viene compiuto anche dal suo modo di estraniarsi della realtà, che egli stesso definisce vivere in una bolla, senza però abbandonare i temi profondi dell’esistenza.


Gastel ci invita a riflettere sul tema del dolore prendendo in considerazione i grandi quadri della passione di Cristo tralasciandone la simbologia religiosa e ci esorta a pensare all’atto della crocifissione: un uomo trapassato e inchiodato, eppure in questo caso l’immagine ci pervade provocando magnificenza. La domanda quindi è: si può ancora parlare del dolore in maniera così aulica? Per questo motivo Giovanni Gastel, impegnato per anni nell’esaltazione del bello, uomo e donna, artificio e natura, in questa serie tende a trasformare il sublime in orrido, il vitale in tombale, esaltando così la maschera del corpo, sopra il quale si aggira lo spettro del tempo che passa e ne fa decadenza.



https://www.giovannigastel.it/bio-2/

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