Urla del silenzio (The Killing Fields) è un film del 1984 diretto da Roland Joffé.
Sidney Schanberg, giornalista del “New York Times” viene mandato nel 1972 in Cambogia, per seguirvi la guerra tra i Kmer rossi ed il governo di Lan Nol e là si avvale della collaborazione del dott. Dith Pran.
I due, dopo vari servizi, si trovano il 17 aprile 1975 a Pnom Penh, quando i “liberatori” occuparono la città, preludio a tutte le ferocie e violenze che stavano per scatenarsi.
Pran riuscì a salvare la vita di Schanberg e quella di alcuni giornalisti occidentali i quali, dopo interrogatori ed umiliazioni da parte dei Kmer, poterono trovare asilo nella sede dell’Ambasciata francese.
Al momento di partire in elicottero verso la salvezza e malgrado gli sforzi di tutti per assicurare a Pran un falso passaporto, questi rimase nel suo Paese, perduto nella folla di compatrioti, che già i Kmer avviavano verso la frontiera vietnamita.
Internato in un campo di lavoro, sottoposto come tutti a massacranti fatiche, ad inaudite vessazioni ed sì ben noto indottrinamento politico, Pran riuscì a fuggire e ad arrivare, dopo stenti e pericoli incessanti, in un campo della Croce Rossa thailandese.
Nel frattempo in America giungevano dalla Cambogia notizie tragiche (sterminio da parte dei Kmer rossi di almeno tre milioni di persone), Sidney non cessò un istante le sue ricerche dell’amico Pran in tutte le sedi e presso tutte le Organizzazioni possibili.
Sidney, che sempre avvertiva un senso di colpa per aver rimesso a Pran la scelta fra il restare nel proprio Paese o il lasciarlo insieme a lui, fu infine premiato nei suoi sforzi.
L’incubo che gli procurava ansie e incertezze finì il 9 ottobre del 1979, quando, essendo stato Pran finalmente identificato e ritrovato, potè volare in Thailandia ed ivi riabbracciare l’amico.
Interpretando uno degli episodi più devastanti della storia dell’umanità, il genocidio cambogiano, nel suo film “Urla del Silenzio”, Roland Joffé non si limita ad una narrazione degli orrori del Comunismo, ma è più preoccupato di dimostrare che anche di fronte ai nostri più grandi incubi gli uomini sono capaci di scelte coraggiose e difficili sul come affrontare il nostro destino