Nel 24 Marzo 1944 avvenne l’eccidio delle fosse ardeatine. Come rappresaglia per l’attentato di Via Rasella, nel quale rimasero uccisi trentadue soldati del battaglione “Bozen”, il Comando tedesco decide per l’uccisione di dieci italiani per ogni militare tedesco morto.
Per trovare le vittime della strage si presero i prigionieri politici e comuni di Via Tasso e di Regina Coeli, 65 ebrei e alcuni segnalati. Alcuni prigionieri vennero consegnati ai tedeschi dalla banda guidata dal fascista Pietro Koch mentre altri vennero scelti al termine di un drammatico braccio di ferro tra Herbert Kappler, capo della Gestapo a Roma, e il questore Caruso.
Alla fine vennero sommariamente e barbaramente giustiziate 335 persone e, compiuta la strage, i tedeschi fecero saltare l’ingresso al luogo del massacro nel tentativo di occultare il tutto.
Solo dopo la liberazione della capitale fu possibile procedere al recupero e all’identificazione delle salme, di cui nove però rimangono ad oggi non identificate; i più giovani tra i morti furono due ragazzi di quindici anni uno di origini ebraiche l’altro accusato di sabotaggio (per chi volesse approfondire ecco il sito del mausoleo delle Fosse Ardeatine).
Kappler venne condannato da un tribunale militare italiano all’ergastolo per la strage, ma nel 1977 evase con probabilmente la tacita complicità del governo italiano fortemente messo sotto pressione ad opera di quello tedesco.