Ieri era la Giornata della memoria, celebrazione istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.
La scelta del 27 gennaio come “Giornata della Memoria” coincide con la data della liberazione di Auschwitz, per ricordare la Shoah, termine con cui in ebraico si indica l’olocausto degli ebrei d’Europa, ma all’interno di questa giornata si ricordano anche la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Le storie di Giorgio Perlasca e Padre Rufino Niccacci, italiani che si opposero alla Shoah
Uno di questi uomini che cercarono di opporsi all’Olocausto nazista degli ebrei è stato l’Italiano Giorgio Perlasca, che nella Budapest del 1944, collaborò coll’ambasciata spagnola per rilasciare salvacondotti ai cittadini ungheresi di religione ebraica.
Un altro fu Padre Rufino Niccacci che per tutta la durata della seconda guerra mondiale diede protezione a migliaia di ebrei rifugiandoli nei conventi dei frati Minori di Assisi e nelle case di Deruta.
La Giornata della Memoria ci obbliga ad una riflessione più ampia
In questa fase storica, dove i testimoni diretti della Shoah sono sempre di meno per ragioni anagrafiche, la Giornata della Memoria risulta essere sempre più importante per riflettere su ciò che è stato.
Che cosa accadrà nel momento in cui anche l’ultimo testimone della Shoah sarà scomparso?
Sarà sufficiente una celebrazione istituzionale per continuare a ricordare?