Il sistema politico iraniano è uno dei più strani sistemi istituzionali mondo e non è facile trovare una definizione che lo descriva in maniera puntuale.
Non è una dittatura piena perché prevede diversi centri di potere, alcuni dei quali elettivi.
Non è nemmeno una democrazia perché i membri di diverse importanti istituzioni sono nominati e non eletti, e appartengono praticamente in toto allo schieramento politico e religioso più conservatore.
L’Iran viene spesso definito una teocrazia islamica, perché così prevede la Costituzione e perché sono i religiosi a fare la politica; ma ci si dimentica che non tutti i politici iraniani sono religiosi.
Da dove nasce il sistema politico iraniano?
Quando gli iraniani votarono la nuova Costituzione, nel dicembre 1979, si trovarono di fronte alla seguente proposta: un nuovo sistema dominato da organi formati da religiosi e con a capo la potente Guida suprema, ma che prevedeva anche istituzioni democratiche ed elettive, come il presidente della Repubblica e il Parlamento nazionale.
Un dualismo democrazia-autoritarismo che ancora oggi crea confusioni e incertezze soprattutto tra la classe politica italiana, in cui alcune componenti considerano l’Iran un interlocutore internazionale a pieno diritto.
Questo dualismo si formò pienamente negli anni ’80, quando il potere della Guida suprema si rafforzò parecchio: fu la guerra Iran-Iraq a trasformarlo.
La guerra cominciò nel 1980, quando l’allora presidente iracheno Saddam Hussein invase l’Iran. Allora Khomeini , padre della rivoluzione del ‘79– che si era insediato a Qom, la seconda città santa dell’Iran dopo Mashhad, invece che nella capitale – era ancora considerato un’autorità religiosa distante dal potere politico di Teheran. La guerra e la necessità di un leader forte cambiarono le cose e Khomeini divenne il capo indiscusso di tutto.
Il Sistema Politico Iraniano dopo la morte di Khomeini
Nel 1989 Khomeini morì e in un certo senso i giochi si riaprirono.
Negli anni successivi si consolidò un sistema che continua a stare in piedi anche oggi e che di fatto prevede che il regime iraniano sia diviso in due blocchi.
Il primo, controllato dagli ultra-conservatori, fa capo alla Guida suprema; il secondo esprime il presidente della Repubblica e il governo e il suo orientamento dipende dal risultato delle elezioni.
Quando il secondo è controllato dai moderati o dai riformisti, semplificando il centro e il centrosinistra, si sviluppano scontri e lotte tra uno e l’altro.
Nel 1997, per esempio, le elezioni presidenziali furono vinte dal riformista Mohammad Khatami, nonostante gli sforzi della Guida suprema di indebolire la sua campagna elettorale. Khatami sostituì i capi dei potenti servizi segreti iraniani, tradizionalmente guidati da conservatori radicali, e introdusse riforme per aumentare la libertà di stampa e di associazione. l primo blocco, quello ultraconservatore e titolare del potere giudiziario, rispose per le rime: chiuse alcuni giornali considerati non abbastanza compiacenti e soppresse con la violenza le manifestazioni anti-regime.
Come funziona oggi in Iran?
Sorge spontanea una domanda: com’è possibile che gli ultra-conservatori, così influenti, permettano ai loro oppositori politici di partecipare alle elezioni?
Questo accade perché si cerca di rendere il sistema politico iraniano accettabile per tutti i cittadini della repubblica islamica, soprattutto quelli che abitano nelle città, più aperti ai cambiamenti.
Non significa però che il blocco che fa capo alla Guida Suprema non eserciti alcuna influenza sulle elezioni, anzi: in Iran esiste un organo che si chiama Consiglio dei Guardiani della Costituzione, formato da sei teologi nominati dalla Guida suprema e sei giuristi nominati dal potere giudiziario (che dipende dalla Guida suprema) e approvati dal Parlamento. Il Consiglio dei Guardiani è incaricato tra le altre cose di fare una selezione dei candidati che si presentano a qualsiasi elezione e decide chi ammettere e chi no, spesso secondo criteri del tutto arbitrari.
Una volta approvati i candidati, comunque, la campagna elettorale in Iran si può considerare abbastanza democratica. A questi è, ad esempio, concesso lo stesso spazio in televisione per esporre i propri programmi e nel corso degli anni non ci sono stati grossi episodi di brogli, ad eccezione delle elezioni presidenziali del 2009 vinte dal conservatore Mahmud Ahmadinejad.
Ancora oggi il sistema istituzionale e politico iraniano concede dei momenti di democrazia ma non è la democrazia come la intendiamo noi.
In nessun momento viene concesso davvero spazio a chi mette in discussione l’assetto attuale della Repubblica islamica, tantomeno della Guida suprema.
Ad ogni modo, le elezioni rimangono il momento di maggiore libertà in Iran: durante le campagne elettorali viene ridotta la censura sui social network e ai candidati è “persino” permesso criticare (pur con molte limitazioni) le politiche repressive degli ultra-conservatori.