«Sembra esserci una stretta correlazione tra le leggi che rendono libera la gente e quelle che la rendono felice»
Muovendo da questa elementare constatazione, David Friedman, nel suo “L’ingranaggio della libertà”, avvia un’analisi concreta dei vari settori del vivere associato in cui, con vantaggio di tutti, sarebbe possibile riappropriarsi degli spazi di autonomia confiscati dalle cricche di politici, legislatori e burocrati che costituiscono le mille membra del Moloch statale.
Scuola, sanità, previdenza, giustizia, sistema viario, sicurezza, tutela ambientale, mass media e tanti altri servizi vengono riprogettati da Friedman sulla base di principî non coercitivi, dimostrando come lo Stato sia la negazione di efficienza e giustizia, le quali non nascono da obblighi, divieti, costrizioni, ma dalla cooperazione di individui liberi e consenzienti.
Il senso di questo libro – come dice lo stesso Autore – è quello di «persuadere la gente che una società potrebbe essere sia libera che desiderabile, che le istituzioni della proprietà privata costituiscono il meccanismo della libertà, rendendo possibile ad ognuno, in un mondo interdipendente e complesso, di raggiungere il proprio scopo».
Utopia o lungimirante realismo?
Molte delle “scandalose” proposte avanzate in questo libro – pubblicato per la prima volta nel 1973 – sono già una realtà in vari paesi del mondo libero.