I dati Istat dicono che solo nel 2018 sono partiti 117mila italiani di cui 30mila laureati.

Quasi tre cittadini italiani su quattro trasferitisi all’estero hanno 25 anni o più: sono poco più di 84 mila (72% del totale degli espatriati); di essi, il 32% sono laureati.

Possiamo parlare davvero di “Cervelli in Fuga”!

Rispetto al 2009, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente tra le donne (+10 punti percentuali) che tra gli uomini (+7%). Inoltre, negli ultimi 10 anni i giovani laureati che hanno abbandonato il nostro Paese sono stati 182mila con un’età media di trent’anni.

Guardando al malessere demografico complessivo del Paese, l’Italia perderà nei prossimi 45 anni circa 6,8 milioni di abitanti. Una cifra davvero preoccupante, che equivarrebbe oggi ad una perdita del 11% circa della popolazione totale.

Una fuga di cervelli verso mete più sviluppate e con un tenore di vita nettamente superiore alla media del Paese: il Regno Unito è la destinazione europea preferita dai giovani, che nel 2019 ha accolto la maggioranza degli italiani all’estero (circa 21 mila) quadruplicando il numero degli espatri, con un picco di 25 mila intorno al 2016, con un totale di circa 133 mila unità dal 2009 al 2018. Segue la Germania altra meta prediletta dagli italiani che ha triplicato il numero degli immigrati (18 mila nel 2018), raddoppiati i flussi in Francia (14 mila circa), Svizzera (10 mila circa), Spagna (7 mila). Tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione per l’espatrio italiano risultano il Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada calcolando un totale di 18 mila immigrati.

L’esodo, con la sola eccezione del Trentino-Alto Adige interessa tutte le regioni d’Italia non solo quelle demograficamente depresse. Quasi la metà (48,9%) è originario del Sud Italia, il 35,5% del Nord e il 15,6% del Centro.

I programmi specifici di defiscalizzazione messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, come ad esempio il decreto “crescita” volto a favorire l’abbattimento dell’imponibile dal 70% al 90% per le regioni del mezzogiorno o il decreto “rilancio” a seguito dell’emergenza Covid19, si rivelano insufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese.

Quali sono le soluzioni al problema della fuga dei cervelli?

Noi di Libertà in Testa abbiamo pensato alle seguenti:

  1. la defiscalizzazione differenziata in base alla qualità delle posizioni e dei profili professionali, oltre che alle esigenze espresse dalle imprese, e che possa applicarsi sia nell’ottica di agevolare il rientro in Italia che per trattenere i potenziali in atto di andare all’estero;
  2. il contrasto ai flussi in uscita favorendo la messa a regime di un sistema di valorizzazione reale per l’entry level dei giovani laureati;
  3. la velocizzazione delle procedure burocratiche per favorire la circolazione di capitale umano altamente qualificato in università e imprese;
  4. la garanzia di un coinvolgimento più continuativo e strategico del fronte aziende-università lungo tutta la filiera formazione-lavoro che tenga conto dei reali fabbisogni di professionalità del mercato.

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